Pezzi di storia che se ne vanno

In questi giorni sono venuti a mancare tre salesiani che in modo diverso hanno segnato il nostro cammino: Bepi Arvotti, don Pierino Trentin e Carlo Bussinello. Ne recuperiamo, riconoscenti, il ricordo…
giovedì 2 maggio 2024
Quando frammenti della nostra storia personale o comunitaria si sgretolano, ci sentiamo destabilizzati, più tristi e più spogli. Eppure, se riflettiamo bene, la partenza dei nostri cari non impoverisce la nostra vita; al contrario, la loro testimonianza la arricchisce, la provoca, le dà vigore.
 
Di Bepi c’è poco da aggiungere a quanto ampiamente è già stato scritto. Era l’anima dell’oratorio: sempre attivo, allegro, accogliente, straordinariamente capace di ricordare i volti e i nomi di generazioni e generazioni di ragazzi passati in cortile, di tenerli nel cuore  come solo don Bosco sapeva fare.
 
A differenza di Bepi, il passaggio di Don Pierino Trentin a San Donà è stato breve, una ventata di allegria…
Arrivato nel 1992 (rimarrà fino al 1995), venne incaricato di insegnare Italiano al Centro di Formazione Professionale e di seguire i ragazzi dell’Azione Cattolica. Sostenuto da una grande passione educativa, aveva subito conquistato tutti con la sua simpatia, il suo largo sorriso, la sua spontaneità. La sua figura rotonda non passava certo inosservata nè tanto meno il suo parlare affrettato. “Don Pierino, perchè predichi in modo così veloce? Perchè altrimenti i pensieri mi sfuggono… “ Ed erano sempre riflessioni  provocatorie, profonde…
Figura inquieta, trasgressiva, scorrazzava in cortile con la sua moto catturando l’attenzione dei ragazzi. La sua risata argentina gli illuminava il volto modificandone l’espressività. 
Era un bravo insegnante e un uomo di vasta cultura. Ricordo un’uscita serale durante un campo scuola con i ragazzi di prima superiore a Vigo di Fassa, a chiusura di una estenuante escursione in montagna alla quale, per motivi di salute, non aveva potuto partecipare. Arrivati nel bosco, aveva alzato gli occhi al cielo, e scorgendo la luna che faceva capolino fra le fronde degli alberi, aveva intonato l’idillio di Leopardi con tono soave, armonioso e allo stesso tempo solenne … La poesia era diventata una preghiera bellissima, commossa, indimenticabile!
Avrebbe compiuto 69 anni a giugno, nel giorno dedicato a San Pietro e Paolo…

Giornalino AC di maggio 1994 con don Pierino
 
Carlo Bussinello era arrivato a San Donà nel 1962, dal Coletti di Venezia. Maestro sarto, per poter insegnare al centro di Addestramento Professionale, aveva dovuto acquisire una nuova specializzazione in Elettrotecnica, che gli aveva permesso di esprimere passione e competenza. La scuola era nuova fiammeggiante ma i locali dell’oratorio erano ancora spogli. Con l’occhio esperto del sarto, aveva individuato alcune necessità e si era prodigato per rendere quell’ambiente più intimo, discreto, confortevole. Non appena le finanze lo avevano consentito, aveva comprato alcuni rotoli di tessuto, poi, prese le misure, aveva confezionato con l’aiuto competente della guardarobiera - la signora Elide-  le tende per le finestre e le lenzuola di cotone che andavano a sostituire quelle grezze e ruvide in dotazione della casa.
 
Quando nell’estate 1970, il Soggiorno Marino di Caorle aveva accolto i primi ragazzi, si era occupato dei rifornimenti, di organizzare i turni, di far fronte alle diverse necessità della Colonia con puntualità e spiccato senso del dovere. Amante della natura e particolarmente sensibile alla cura dell’ambiente, aveva posto a dimora nel giardino delle piccole piante di pino che oggi regalano uno spazio prezioso di ombra e di relax.
 
A 70 anni, aveva accettato di buon grado un ruolo meno attivo, dedicandosi esclusivamente alla sorveglianza e alla cura della chiesa, consapevole che l’amore maturo sa trovare sempre nuove forme per esprimersi. Il tempio votivo, sotto le sue cure, mostrava ora tutta la sua bellezza a cominciare dalle tovaglie ricamate e le piante ornamentali scelte con attenzione ed eccellente senso estetico.
 
A ridosso del muro di cinta che costeggiava l’ala destra dell’edificio, aveva ricavato un vero e proprio orto botanico dove metteva a dimora giovani piante e le proteggeva dai parassiti finchè diventavano degne di adornare la chiesa, di abbellire l’atrio della scuola, di rendere più ospitale la casa. Con intelligente discrezione aveva trovato il modo di rimanere legato ai giovani alunni, coinvolgendoli nel suo lavoro. 
Quando la salute si era fatta più precaria, se ne stava per lungo tempo seduto su una delle panche rosse del porticato, in compagnia dell’inseparabile “Bisat”, e, tra un battibecco e l’altro, vigilava, richiamava i ragazzi, scambiava con loro quattro parole, si intratteneva con gli adulti di passaggio svolgendo così un ruolo tanto caro a don Bosco, quello del portinaio.
Impulsivo nelle sue reazioni, rimandava un po’ al tempo primaverile: imbronciato e carico di nuvole ma con un sole caldo pronto a comparire e a risplendere. 
Era un uomo semplice e allo stesso tempo raffinato: lo dimostrava la calligrafia ricercata con cui registrava le messe o scriveva biglietti di auguri, come la cura che aveva della sua persona nella giornata dedicata al Signore.  
Consapevole dell’importanza del passato, amava raccogliere e conservare piccole “reliquie”: immaginette sacre, foto e altri oggetti più preziosi come il calice di don Zaio e quel pezzo di stoffa color porpora che custodiva il suo ricordo più caro… Recuperiamolo: quando era a Venezia, aveva l’incarico di confezionare le vesti per il patriarca, mons. Angelo Roncalli. Per questo, di frequente, attraversava ponti e calli fino a San Marco con in mano i capi da mettere in prova. Qui misurava, puntava spilli, aggiustava, mentre il cardinale gli faceva piccole confidenze.
Seguendo le nuove disposizioni che invitavano a semplificare la veste cardinalizia, Bussinello aveva eliminato il lungo strascico della talare dell’eminente ecclesiastico, conservando il tessuto avanzato.
Quando poi il cardinale Roncalli era salito al soglio di Pietro (tale gioia, a suo dire, gli aveva causato qualche disturbo al cuore), quella stoffa aveva assunto il valore di una vera e propria reliquia. In qualche rara occasione, apriva l’armadio, la tirava fuori per mostrarla offrendone un piccolo ritaglio a chi aveva bisogno di una grazia speciale.
 
Mi piace ricordarlo così, il sig. Carlo, mentre racconta commosso qualche frammento della sua vita come questo per poi interrompersi di colpo (quasi a voler proteggere quei momenti preziosi), alzarsi e procedere a passo lento verso la “sua” chiesa…
Un salesiano umile, discreto, testimone credibile dell’amore di don Bosco.

Wally Perissinotto

Oratorio don Bosco

via XIII Martiri, 86 - 30027 San Donà di Piave (VE) - Tel. 0421 338911

Facebook


Copyright (C) 2024 9dreams Agency.