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ORATORIO DON BOSCO - San Donà di Piave

Primi salesiani all'Orfanotrofio: al centro don Giovannetto, primo a sin. Mauro Picchioni, in alto il ch. Luigi Ferrari

24 settembre 1928: il sogno si realizza

del 23 settembre 2020

Nel giorno della Madonna del Colera, arrivano i Figli di don Bosco!  Continua il nostro viaggio tra attualità e memoria…

Viviamo in una società che, per paura di invecchiare, si guarda continuamente allo specchio. Eppure il vero indicatore del passare del tempo sfugge alla percezione della vista. Noi invecchiamo quando smettiamo di sognare. Falliamo come educatori quando lasciamo che i ragazzi si accontentino di desideri effimeri, invece di puntare a mete ambiziose che richiedono virtù dimenticate quali la pazienza, la tenacia e una buona dose di fatica. 

Con questi ingredienti mons. Saretta, come don Bosco, aveva condito il suo sogno proteggendolo dallo stanchezza, dallo sconforto, dal logorio di un’attesa interminabile…

Riprendiamone il racconto: sono passati otto anni da quando l’intrepido prete del Piave ha vergato con tanta commozione la richiesta di avere i Salesiani a San Donà. Anni di faticoso lavoro di intermediazione e di suppliche, di sacrifici, di appelli e raccolte di oblazioni, di coraggiosi investimenti…

La fisionomia della città è profondamente cambiata da allora: la chiesa è risorta, nuove e belle costruzioni costeggiano via Roma, via Vittorio Emanuele e l’angolo di via XX Settembre dove il palazzo Bastianetto ospita il pregiato panificio Fasan, la macelleria Pavan ed il barbiere. "A San Donà la vita ferve attivissima e la popolazione, che prima della guerra faceva 13.000 abitanti ha raggiunto le 20.000 unità (1)"

Ma le ferite di quel disastroso conflitto sono ben lontane dall’essere rimarginate: nell’immediata periferia, la città resta disseminata di misere baracche inadatte ad ospitare famiglie numerose. Troppi ragazzi girano ancora per le strade inoperosi o frequentano le grave del Piave incuranti dei pericoli.  Il Piave è un fiume placido e glorioso che delinea il carattere della città e Saretta ama osservarlo, specie sul morir dell’estate.

Il tremolio delle foglie del pioppo dai colori cangianti saluta il giorno alla brezza di una sera settembrina(2)” quando, aprendo il telegramma che ha fra le mani, ha un balzo al cuore: fra soli 8 giorni, il 24 settembre 1928, don Bosco toccherà per la prima volta il suolo sandonatese. 

La venuta dei Salesiani nel giorno della Madonna del Colera è una benedizione, è un presagio di influssi celesti, è un augurio di salute e di prosperità”, esclama con incontenibile felicità. “Fin dal primo istante i Figli di don Bosco dovranno sentire la simpatia, la benevolenza, il cuore di San Donà di Piave. Li accompagneremo all’Altare - scrive - per sciogliere l'inno della riconoscenza e per invocare la benedizione del Signore sopra di loro e sopra i nostri figli (3)»

La foto, datata 24 settembre 1928, ci riporta proprio all'interno della nostra storia!

Chiamati in fretta a rapporto autorità civili e religiose, padri e madri di famiglia, giovani e fanciulli, l’arciprete accoglie, nel giorno stabilito, gli ospiti tanto attesi, sulle note festose della banda che intona un inno composto per l’occasione. Alla stazione ferroviaria tutti agli occhi puntati sui tre Salesiani. Due sono in tonaca. E’ facile individuarli: il più maturo è il direttore, don Riccardo Giovannetto, uomo esile e amabile, l’altro è il chierico Luigi Ferrari, fratello del nostro amato don Ivo. Il terzo salesiano è un giovane coadiutore dagli occhi vispi e dal curioso accento toscano, Mauro Picchioni

Gioia e timore si confondono nel cuore di don Giovannetto su cui grava l’enorme responsabilità di un’opera che parte in condizioni del tutto insolite: una sede provvisoria e un numero limitato di ragazzi da seguire. Sa bene che non gli sarà riconosciuto nemmeno il primato della guida dell’opera, chiamato com’è ad essere, non il direttore dell’Oratorio don Bosco, ma semplicemente il direttore temporaneo dell’Orfanotrofio maschile “don Rua”.

Non a caso i Superiori hanno pensato a lui: è un uomo buono e mite, cresciuto nel cuore della salesianità piemontese dove, se pur non ha goduto della confidenza di don Bosco, ne ha respirato profondamente lo spirito. 

E’ la preziosa eredità che lascia in dono ai suoi successori…

Wally Perissinotto

(1) L’Avvenire d’Italia, 15 ottobre 1926  (2) Una notte di metà settembre, G. Bordignon 2020   (3) Pro Oratorio salesiano Don Bosco, settembre 1928

Foto di San Donà gentilmente concesse da Fotografia Club54

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