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ORATORIO DON BOSCO - San Donà di Piave

E' solo una questione di orbite!

del 25 marzo 2022

Migrazione. Fuga, Accoglienza...

Migrazione. Fuga. Accoglienza. Queste sono state le parole chiave della nostra uscita a Trieste. Sono state due giornate piene e ricche di esperienze divise in due parti, o meglio due orbite alla base simili, ma affrontate in modi diversi: gli immigrati ucraini e quelli provenienti dalla Rotta Balcanica.

 

Sabato 19/03 ci siamo recati alla Caritas di Trieste, in una casa di accoglienza che ospita attualmente quasi un centinaio di persone, soprattutto famiglie assieme a bambini di ogni età, con l’intenzione di trascorrere un pomeriggio sereno e spensierato assieme a loro. Sicuramente c’era un ostacolo linguistico per niente semplice che inizialmente ci ha spiazzato, ma poi con pochi gesti, qualche tiro a pallone e due tre parole improvvisate siamo riusciti a creare un rapporto di amicizia con loro e a divertirci davvero molto. Eluja, Milha, Vica, Darìa, Amelìa, Lisa… sono alcune pronunce dei nomi dei bambini e ragazzi con cui abbiamo giocato (il nome in cirillico non abbiamo idea di come si scriva), che come ogni bambino vogliono trascorrere un pomeriggio allegro e non pensare ai problemi che li circondano e coinvolgono. 

Quest’esperienza ha  riempito il nostro cuore e certamente anche il loro, vista la loro voglia di stare assieme, di aprirsi con noi e anche la disponibilità dei loro genitori che ci mostravano le foto della loro vita in Ucraina, quasi per renderci parte di quello.  

 

La seconda orbita, invece, comprende la così detta e forse non troppo rinomata Rotta Balcanica, un fenomeno migratorio via terra che inizia in Grecia e permette a coloro che vogliono cercare una vita nuova di arrivare al centro-nord dell’Europa. Le persone, soprattutto giovani uomini e qualche famiglia, cominciano il loro stremante percorso ancora prima: dall’Afghanistan, dal Pakistan, dal Nepal e dall’Iran… a causa di guerre, condizioni climatiche o economiche sfavorevoli e non solo.  Questo viaggio, anche se non è per niente come ce lo immagineremmo, viene chiamato da chi lo intraprende The Game, proprio perché mettono in gioco tutto, anche la propria vita; spesso sono pure costretti a ripartire dall’inizio perché ostacolati e rispediti indietro dagli organi di polizia.

Il nostro servizio non ci ha messo in contatto con queste persone, ma solo con i loro vestiti, i loro documenti, i loro affetti personali che hanno lasciato in Val Rosandra appena entrati nel territorio italiano. Forse ora vi starete chiedendo: come mai lanciano i vestiti in mezzo ai boschi? Questo accade per vari motivi, principalmente perché hanno camminato per giorni con questi indumenti, che ormai sono sporchi e logori, per non dare nell’occhio ed evitare di imbattersi con la polizia, in particolare le pattuglie miste italo-slovene; ma supponiamo anche che sia un gesto di liberazione dall’angoscia dell’attraversamento dei territori sloveni, bosniaci, croati e serbi. Tra le scarpe e i pantaloni raccolti, abbiamo anche trovato carte di riconoscimento, green pass, carte prepagate che ci hanno permesso di dare un’identità a quelle persone, vedendone il volto, gli anni e la provenienza (sebbene i dati presenti potrebbero essere falsati). 

Abbiamo, infine, incontrato dei volontari di Linea D’ombra, un’associazione che si occupa di dare ai migranti un aiuto nella piazza di Trieste, vicino alla stazione del treno, fornendogli cibo, acqua, vestiti puliti e semplici cure sanitarie, ma anche delle informazioni perché il loro percorso non finisce qui in Italia. Assieme a loro abbiamo approfondito l’argomento, tra domande e dubbi sorti durante l’esperienza di servizio.

 

Tutto ciò che vi abbiamo raccontato, forse, non è così conosciuto, noi per primi ci siamo addentrati solo da poco in questo ambito, così vasto ed intricato. Abbiamo toccato con mano, visto, ascoltato vicende che sono lontane dai nostri pianeti, dai centri a cui siamo soliti girare intorno, ma, adattando le parole di Paolo Nori, abbiamo cambiato orbita. E ci sono un sacco di cose che c'erano anche prima, ma noi non le vedevamo, perché avevamo un’altra orbita.

Ci siamo resi conto che l’immigrazione non è attualmente trattata allo stesso modo: è evidente che l’accoglienza data non è uniforme e uguale per entrambe le realtà che abbiamo avuto l’opportunità di conoscere. Ci siamo accorti che è più facile entrare in contatto con i migranti ucraini, invece non c’è quasi traccia di quelli provenienti dalla rotta balcanica, bisogna cercare tra i boschi; i primi arrivano con gli autobus, gli altri appesi di nascosto ai camion, a piedi, ma sono tutte persone, che scappano, che cercano una rinascita, che sperano nell’accoglienza.

È bello ed è giusto che le persone ucraine siano accolte con attenzione, ma dovremmo fare lo stesso con qualsiasi migrante che arriva in Italia. 

Autore: Agnese Vazzoler e Valeria Nardean

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