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ORATORIO DON BOSCO - San Donà di Piave

1989, Leandro Rizzo (in prima fila, primo da sinistra) con i “Compagni di Scuola degli anni Trenta" e i loro famigliari

Un pezzo di Storia che se ne va

del 06 agosto 2018

L’Oratorio saluta uno dei suoi primi “ragazzi”, Leandro Rizzo

Si è spento dolcemente in una calda domenica d’agosto Leandro Rizzo, oratoriano della prima ora, cedendo con docilità all’inesorabile incalzare del tempo. Aveva compiuto da poco 94 anni.

Un signore d’altri tempi il geom. Rizzo, come tutti lo chiamavano in città: curato nel vestire, garbato nei modi, con una luce serena negli occhi e la voce pacata di chi sa di aver raccolto tanto anche dalle stagioni meno propizie. Raccontandosi, alle soglie dei 90 anni, aveva voluto consegnare ai giovani qualche perla di saggezza e di speranza, frutto delle tante esperienze maturate:

Ora che sto vivendo il tempo della raccolta, mi piace sostare con il pensiero sui frutti della mia lunga vita. Gli errori e gli screzi escono dalle maglie del colino del tempo senza rammarico e senza rimorso. Perdonare se stessi è un’arte che si apprende con il lento scorrere degli anni e solo se ci si è abituati a guardare gli eventi con gli occhi illuminati della fede. Le cose belle restano a scaldarti il cuore, a confermarti che la tua vita è stata piccola ma importante, un dono da accogliere e di cui render grazie”. 

Il suo cammino era stato costellato di eventi significativi, primo fra tutti l’incontro con i Salesiani, che nel 1930 avevano aperto l’Oratorio per la gioia di quei piccoli (ed erano davvero tanti, ricordava!) che non avevano altro spazio per il gioco se non la strada o le acque insidiose del Piave. Quella Casa per i giovani, che si imponeva per volumetria e bellezza sulle tante baracche di via XX Settembre (ora XIII Martiri), era un sogno che il padre Attilio (martire della Resistenza) aveva condiviso con l’amico mons. Saretta. 

La frequenza della scuola salesiana (dalla V elementare al ginnasio inferiore) gli aveva fornito una solida preparazione culturale (con docenti esigenti e competenti), ma soprattutto l’opportunità di alimentare la sua fede aderendo all’Azione Cattolica (l’associazione che era il fiore all’occhiello dell’Oratorio e della Parrocchia) e di sperimentare la guida di santi sacerdoti come don Zaio, l’allievo di don Bosco che San Donà aveva avuto la fortuna di accogliere in vecchiaia.

La giovinezza di Leandro era stata poi sferzata dal vento gelido della guerra. Con coraggio e determinazione aveva raccolto l’esempio del padre lottando come partigiano (partigiano verde,  di matrice democristiana, come teneva a sottolineare!) contribuendo attivamente, con il fratello Arturo, alla resa degli avversari. 

Accettai la nomina di vicecomandante della Brigata Piave, la formazione partigiana nata dallo scioglimento del Battaglione Eraclea che papà aveva coordinato e diretto fino al momento dell’arresto”. 

Per l’Oratorio tanto amato aveva messo a servizio, nel dopoguerra, le sue doti professionali dirigendo i lavori del Tempio Votivo e seguendo per anni quelli di risanamento e di ristrutturazione dell’intero edificio.

La professione, vissuta con tanto impegno e dedizione, le soddisfazioni di una famiglia numerosa e dei tanti amici, gli avevano addolcito l’ultimo tratto del cammino. “Volti giovani e volti segnati dal tempo scaldano ancor oggi le mie giornate scandite da tempi lenti ma ugualmente pieni e sereni”.

 

Caro Leandro, ci lasci l’eredità importante di una vita ben spesa. Una vita costruita sulla roccia.

All’Oratorio tutto continuerà a parlare di te: dagli altari laterali della chiesa, il cui consenso alla costruzione, voi giovani universitari del tempo, avevate strappato a fatica a mons. Saretta, alle formelle di legno della cantoria, dono riconoscente dei “Compagni di Scuola degli anni Trenta”, di cui ti sentivi orgoglioso componente. Mai Ex-allievo, ma sempre e solo Allievo di don Bosco!

 

Autore: Wally Perissinotto

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