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ORATORIO DON BOSCO - San Donà di Piave

Pillole di spiritualità in preparazione alla Pasqua

del 20 marzo 2020

In questo tempo di Quaresima lasciamoci provocare dalle parole del Papa e di don Bosco che ci aiutano ad avere cura della nostra anima...

 

                                                

 

La parola del Papa. Cosa sono le Beatitudini?

Le Beatitudini contengono la “carta d’identità” del cristiano - questa è la nostra carta d’identità -, perché delineano il volto di Gesù stesso, il suo stile di vita.

Gesù, vedendo le folle che lo seguono, sale sul dolce pendio che circonda il lago di Galilea, si mette ad insegnare ed il messaggio non è solo per i discepoli, ma per le folle. Le Beatitudini sono per tutta l’umanità.

Inoltre, il “monte” rimanda al Sinai, dove Dio diede a Mosè i Comandamenti. Gesù inizia a insegnare una nuova legge: essere poveri, essere miti, essere misericordiosi... Questi “nuovi comandamenti” sono molto più che delle norme. Infatti, Gesù non impone niente, ma svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola “beati”.

Ogni Beatitudine si compone di tre parti. Dapprima c’è sempre la parola “beati”; poi viene la situazione in cui si trovano i beati: la povertà di spirito, l’afflizione, la fame e la sete della giustizia, e via dicendo; infine c’è il motivo della beatitudine, introdotto dalla congiunzione “perché”.

Facciamo attenzione a questo fatto: il motivo della beatitudine non è la situazione attuale ma la nuova condizione che i beati ricevono in dono da Dio: “perché di essi è il regno dei cieli”, “perché saranno consolati”, “perché erediteranno la terra”, e così via.

Nel terzo elemento, che è appunto il motivo della felicità, Gesù usa spesso un futuro passivo: “saranno consolati”, “riceveranno in eredità la terra”, “saranno saziati”, “saranno perdonati”, “saranno chiamati figli di Dio”.

Ma cosa vuol dire la parola “beato”? Il termine originale non indica uno che ha la pancia piena o se la passa bene, ma è una persona che è in una condizione di grazia, che progredisce nella grazia di Dio e che progredisce sulla strada di Dio: la pazienza, la povertà, il servizio agli altri, la consolazione ... Coloro che progrediscono in queste cose sono felici e saranno beati.

Dio, per donarsi a noi, sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte. Le Beatitudini ti portano alla gioia, sempre; sono la strada per raggiungere la gioia.

 

                                                          

La parola a don Bosco: non c’è situazione che ci possa far disperare!

Quella sera, in cucina, insieme con il pane si masticarono parole amare. Parole che fanno male. Antonio vide Giovanni con il solito libro accanto al piatto, e alzò la voce:
- Io quel libro lo butto nel fuoco.
Margherita, la mamma, cercò il solito compromesso:

- Giovanni lavora come gli altri. Se poi vuole leggere, cosa te ne importa?
- Me ne importa perché questa baracca sono io a tenerla in piedi. Mi rompo la schiena sulla terra, io. E non voglio mantenere nessun signorino. Non andrà a stare comodo lasciando noi a mangiare polenta.
Giovanni reagì con violenza. Le parole non gli mancavano, e non era nato per porgere l'altra guancia.

Antonio alzò le mani.
Giuseppe guardava spaventato. Margherita cercò di mettersi in mezzo, ma probabilmente Giovanni fu pestato, come e più di altre volte. I suoi dodici anni non potevano far fronte ai diciannove di Antonio.
A letto Giovanni pianse, più di rabbia che di dolore. E poco lontano da lui pianse anche sua madre, che quella notte forse non dormì.
Al mattino Margherita aveva deciso. Disse a Giovanni le parole più tristi della sua vita: - È meglio che tu vada via di casa. Antonio non può proprio vederti. Un giorno o l'altro potrebbe farti del male. - E dove vado?
Giovanni aveva la morte nel cuore, e anche Margherita. Gli indicò alcune fattorie nella zona di Moriondo e di Moncucco.
- Mi conoscono. Qualcuno ti darà da lavorare, almeno per un po'. Poi si vedrà. Un fagotto e la nebbia. In quella giornata gli preparò un piccolo fagotto con alcune camicie i suoi due libri, una pagnotta di pane. Era febbraio. C'era neve e ghiaccio sulla strada e sulle colline intorno.
Giovanni partì il mattino dopo. Mamma Margherita rimase a guardarlo sulla porta, ad agitare la mano, finché la nebbia non inghiottì il suo piccolo emigrante.[...]
Giovanni Bosco cominciò così, nel febbraio 1827, la vita del ragazzo di stalla. I Moglia erano una famiglia di contadini benestanti, anche se lavoravano tutti da sole a sole. Lavoravano la terra, cioè vigneti e campi. Accudivano buoi e mucche. Pregavano insieme. Alla sera, attorno al focolare, la famiglia si riuniva per la recita del Rosario. Alla domenica, il signor Luigi guidava tutti alla “Messa grande”, celebrata a Moncucco dal prevosto don Francesco Cottino.
Il mestiere di Giovanni, ragazzo di stalla, non era una cosa umiliante, né eccezionale. Nelle “cascine” intorno, alla fine di marzo, si sarebbero trovati decine di “garzoni” come lui. Era la strada normale per tanti ragazzi di famiglie povere. Alla festa dell'Annunziata (25 marzo), i padroni passavano nelle borgate o andavano sui mercati ad assoldare i ragazzi- lavoratori per l'annata. Lavoratori stagionali e “alla pari”: otto mesi di lavoro sodo (aprile - novembre) e in cambio cibo, alloggio e 15 lire per i vestiti.

Il garzone Giovanni Bosco, però, era diverso dagli altri. Era eccezionalmente giovane (gli mancavano 6 mesi a compiere 12 anni), e specialmente portava in sé un sogno.

Domanda per la riflessione personale:

Come sto vivendo questo tempo? Da rassegnato o lo sto affrontando con grinta? Se dovessi fare un bilancio di questa prima settimana di “reclusione”, dopo i primi giorni di assestamento, in quali aspetti della mia vita\giornata sento di aver reagito ed aver preso la vita in mano?

 

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