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CINEMA TEATRO DON BOSCO via XIII Martiri, 86 - San Donà di Piave (VE) - Tel. 346 960 5687 - vedi tutta la programmazione

Maria Maddalena

La recensione di Tutti al cinema Appassionatamente

Dopo l'esordio alla regia con "Lion”, grande successo commerciale viziato però dalla claudicante sceneggiatura che Luke Davies ha ricavato dalle memorie di Saroo Brierley, il regista australiano Garth Davis mette in scena la Passione, la storia forse più trita e ritrita del mondo. Riesce però a darle una connotazione del tutto nuova (o quasi), potendo contare sull'ottima sceneggiatura originale di Helen Edmundson e Philippa Goslett, che ha nel rigore formale il suo punto di forza. Un rigore, riprodotto da Davis nella regia, incentrato sì sulla parola, ma soprattutto sugli sguardi, sulle emozioni e sulle percezioni.
Come annunciato già nel titolo il punto di vista nuovo è quello di MARIA MADDALENA. È lei la protagonista del film di Davis. L'apostola degli apostoli, come da qualche tempo le è riconosciuto. Nell'ultima didascalia, prima dei titoli di coda, si rammenta infatti come nel 2016 il Vaticano abbia elevato a festa liturgica la celebrazione di Maria Maddalena. Ma ricorda anche come un grande santo della Chiesa, papa Gregorio Magno, avesse stabilito a suo tempo che Maria di Magdala, Maria di Betania e anche "la peccatrice cui molto è stato perdonato perché molto ha amato" citata da Luca, fossero la stessa persona. Così che molti dopo di lui, e molti ancora oggi, continuino a confonderle. Come se, a parte la madre di Gesù, le donne del Vangelo non fossero che un'unica figura indistinta, fondamentalmente peccatrice. La questione è dunque più ampia e riguarda il ruolo della donna nella cristianità. Un ruolo che dopo oltre 2000 anni è ancora quantomeno di assoluta subalternità. Madre, moglie, consolatrice, tutt'al più umile lavoratrice. 
E' anche il ruolo che avrebbe dovuto avere, ma al quale si ribella, la Maddalena di Davis nel piccolo villaggio di pescatori di Magdala, sul lago di Tiberiade. Là infatti comincia la storia, nel 33 dopo Cristo, l'ultimo anno di Gesù, quello della sua vita pubblica. Maddalena sta tirando a riva le reti con le altre donne, mentre gli uomini, che "hanno tanto tempo libero", possono andare ad ascoltare "il guaritore" che in quei giorni sta predicando sulle sponde del lago. 
"Parla di un mondo nuovo", Gesù di Nazareth. Quel "Regno di Dio" nel quale, pressoché tutti gli apostoli, Pietro compreso, individuano la rivolta, la fine dell'occupazione romana. E' questo, forse, l'azzardo maggiore di Davis. Maddalena è l'unica a comprendere davvero il messaggio di Gesù:
"Quello era il tuo messaggio - dirà a Pietro - non il suo! Il mondo cambierà solo se cambiamo noi”.
E a Giuda: "Ci siamo sbagliati, il Regno è già qui. Può solo crescere in noi, con ogni nostro atto d'amore".
C'è grande empatia dunque fra il sentire di Maddalena e il messaggio di Gesù. Un'empatia che nasce già nel loro primo incontro, quando "il guaritore" viene chiamato dal padre di lei per liberarla dai demoni che le impediscono di assoggettarsi docilmente alle imposizioni che la vogliono: moglie, madre e donna in un mondo di uomini. E' così che Davis traduce il passo del Vangelo di Luca che la presenta come colei dalla quale “erano usciti sette demoni”. E va anche oltre: per dare il senso dell'inquietudine che accomuna Maddalena a Gesù, Davis fa dire a Maria, la madre di Gesù, come anche del figlio, fin da ragazzo, i coetanei dicessero che dentro di lui c'erano dei demoni. 
Una comune inquietudine sulla quale è illuminante il primo dialogo fra Gesù e Maddalena, la quale gli spiega così il suo stato: 
- Se c'è un demonio in me, c'è sempre stato.
E Gesù: - Cosa desideri veramente?
- Conoscere Dio
- Tuttavia hai sentito la sua presenza
- Qualche volta, nel silenzio
Le sorride: - Non ci sono demoni qui.
E' l'inizio di quello stretto rapporto fra Maddalena e Gesù che rappresenta il tratto distintivo dell'intera opera di Davis e di una sceneggiatura, non a caso firmata da due donne, che presenta una Maddalena proto-femminista, ma anche l'apostola più vicina a Gesù, alla sua destra nell'ultima cena.
Ma c'è qualcosa di più fra quest'uomo e questa donna?
“Non so come amarlo”, cantava Yvonne Elliman, la Maddalena del “Jesus Christ Superstar” di Jewinson, che quasi cinquant'anni fa puntava il riflettore su un rapporto “particolare” tra Gesù e Maddalena. 
La Maddalena di Davis sembra invece sapere perfettamente come amarlo: “Io non ti lascio, io sarò al tuo fianco”. Una sublimazione che Davis enfatizza indugiando sui loro gesti di profonda comunione, sui loro sguardi intensi, sui teneri sorrisi che si scambiano. Perfino nel momento più estremo Maddalena sembra sorridergli. 
Il tratto distintivo dell'opera, abbiamo detto, ma, grazie ai due splendidi protagonisti, anche la parte meglio riuscita. Di Joaquin Phoenix conosciamo da tempo la capacità di esprimere sentimenti ed emozioni senza bisogno di parole, ma Rooney Mara qui è davvero luminosa. 
Accanto a loro il nero Chiwetel Ejofor è uno sbiadito Pietro e il francese Tahar Rahim è l'ingenuo Giuda.
Sul piano tecnico vale la pena di citare la fotografia, forse patinata ma sicuramente efficace di Greig Fraser, e la colonna sonora, suggestiva senza mai essere invadente, firmata di Hildur Guonadottir e dallo sfortunato Johan Johannsson, purtroppo al suo ultimo lavoro.

di Dino Geromel

 

MARTEDI' 5 GIUGNO ore 21:00

MERCOLEDI' 6 GIUGNO ore 21:00

VENERDI' 8 GIUGNO ore 15:30

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