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ORATORIO DON BOSCO - San Donà di Piave

don Paolo con i Novizi davanti alla casa di don Bosco

A tu per tu con don Paolo Pontoni

del 13 maggio 2018

Gradito ospite del nostro appuntamento odierno è don Paolo Pontoni, vice Maestro dei Novizi a Pinerolo, nei luoghi di don Bosco.

Aperto e solare, a dispetto delle sue origini friulane, don Paolo ha lasciato una traccia indelebile nella memoria di molti. Ed è per questo che riprendiamo con gioia il legame interrotto per conoscerlo meglio e per scoprire, a distanza di anni, quanto il nostro Oratorio abbia inciso sulla sua formazione di giovane prete.

 

Caro don Paolo, ti chiediamo innanzitutto di presentarti, anche solo con poche pennellate: chi sei, quali attività svolgi, quali sono state le tappe del tuo cammino prima di arrivare a Pinerolo?

Ciao! Sono don Paolo Pontoni, ho 51 anni, sono salesiano da 32 e prete dal 2 luglio 1994. Concluso il cammino della prima formazione ho vissuto le primizie del mio essere salesiano sacerdote all’Oratorio di San Donà e in modo particolare al CFP dove ho insegnato e curato la formazione umana e spirituale degli allievi. Dopo questo periodo molto intenso e anche insolitamente lungo come prima esperienza, nel 2005 sono stato trasferito al CFP Bearzi, a Udine, per svolgere più o meno lo stesso servizio. È stata una tappa breve perché già l’anno successivo mi è stata chiesta nuovamente disponibilità per l’incarico di responsabile della Comunità Proposta di Mogliano Veneto, per l’animazione vocazionale e soprattutto per la cura di quei giovani che si stavano orientando alla vita salesiana.
Da cinque anni mi trovo a Pinerolo, in Noviziato. Sin dall’inizio sono Socio (vice) del Maestro dei Novizi e da due anni anche economo della casa. Mi è chiesto soprattutto di stare con i novizi, di condividere con loro la vita e i momenti salienti della giornata, di aiutarli a leggersi in profondità e  accompagnarli nel discernere e interiorizzare i valori della vocazione salesiana.

 

Ed ora una domanda più personale, che va al cuore della tua vocazione. Quando è nata e quanto è ancora viva in te la forza di quella chiamata?

Rispondere a questa domanda è come ritornare agli inizi di tutto, al primo amore. È sempre bello ed emozionate!
Oltre ai valori umani e cristiani che ho respirato in famiglia sin da piccolo grazie alla testimonianza di fede semplice e sana del papà, della mamma, di mio nonno, è stato certamente decisivo l’aver frequentato il CFP dei salesiani a Udine. Provenivo da un piccolo paese di campagna e mai avevo sentito parlare di don Bosco, di oratorio, di gruppi formativi. Tutt’a un tratto mi si sono spalancati degli orizzonti fino allora sconosciuti. Quanto mi ha segnato, il campo scuola vissuto a Val Visdende assieme ai ragazzi NF1 di San Donà! È stato il primo della mia vita. Era l’estate tra la prima e la seconda superiore. Ma la cosa più grande è che lì, al Bearzi, da subito mi sono trovato bene. Respiravo uno spirito di famiglia per la confidenza e la benevolenza che c’era con i salesiani, e con gli insegnanti. Non solo sentivo sintonia con quanto avevo fino allora vissuto a casa, ma lì mi sentivo pure a casa e sentivo che c’era attenzione vera per me, per il mio futuro, per la mia anima. Accoglievo tutto ciò che mi veniva proposto dai salesiani perché sentivo che era per il mio bene, e che mi faceva bene. A quel prete – don Bosco – di cui sovente ci parlavano cominciavo davvero ad affezionarmi e pari passo facevo piccoli passi nella mia vita di fede e nell’affezione al Signore. Non solo cominciavo a conoscere don Bosco perché mi parlavano di lui, ma lo vedevo incarnato in coloro che si prendevano cura di noi ragazzi. Ricordo quando in terza superiore ha cominciato ad essere sempre più frequente nel mio cuore questo pensiero: ma perché questa non potrebbe diventare la mia vita? Tutto ciò si è poi consolidato quando, con sacrifici di papà e mamma per mantenermi agli studi, sono passato all’ITI - 4 e 5 superiore - di Mogliano Veneto per vivere l’esperienza della Comunità Proposta.
A distanza di anni continua ad essere quella l’esperienza a cui sovente ritorno specie nei momenti di fatica e di ruote un po’ “sgonfie”, e sempre mi rigenera e mi ridona la forza e la voglia di continuare perché lì in modo più forte ed emozionante ho sperimentato il passaggio di Dio nella mia vita.

 

Dal tuo osservatorio, dal rapporto che hai con i giovani, quanto ti sembra ancora attuale e carico di fascino il carisma di don Bosco?

Il mio osservatorio, come esperienza di contatto quotidiano e diretto con ragazzi e giovani, diversamente da altre stagioni della mia vita, è piuttosto circoscritto. Qui in Noviziato ho a che fare soprattutto con giovani che stanno intraprendendo il cammino della vita salesiana perché si sentono chiamati da Dio a donargli la propria vita per essere don Bosco oggi. Nella conoscenza del loro cammino e della loro storia vocazionale rimango sempre stupito dal fascino che don Bosco continua ad esercitare su loro, al punto di lasciare tutto per seguire il sogno che Dio ha seminato nel loro cuore.
Per altro verso, incontrando nel ministero della confessione o durante esperienze di animazione e di ritiri spirituali ragazzi delle medie e delle superiori, continuo a fare esperienza di quanti ragazzi siano in fatica e abbiano sete, oltre le apparenze, di cose vere, di autenticità, di essere stimati e benvoluti ma spesso, come diceva don Bosco, sono soli, e manca qualcuno che si prenda davvero cura di loro.
Continua ad accompagnarmi la convinzione di fede che il carisma di don Bosco è un dono di Dio e per questo quando è conosciuto, accolto e vissuto con fedeltà e creatività - e forse proprio qui ci si gioca tutto -  raggiunge i cuori dei ragazzi e delle famiglie e continua a fare del bene oggi.

 

Quali ricordi conservi dell'ambiente educativo che ha guidato i tuoi primi passi? Ora che hai aggiunto distanza ed esperienza, puoi confermare che l’oratorio di San Donà è, per certi versi, un oratorio speciale? Quali ingredienti lo rendono tale?

Non raramente mi capita di sentirmi dire e qualche volta amabilmente rimproverare dai Novizi: “don Paolo, parli sempre di San Donà!”. Devo riconoscere che è proprio vero. Già questo, vi dà l’idea di quanto San Donà sia rimasto nel mio cuore, perché tanto ha segnato la mia vita.

Il sorriso di don Paolo fa capolino tra i confratelli: don Enrico e Toni De Munari

Con la consapevolezza che quanto vi dirò è proprio poco rispetto a quanto ho vissuto, vi offro solo qualche pennellata, lasciando a voi cogliere tra le righe qualche ingrediente che ha reso l’Oratorio, non solo per me, per così dire, speciale.
Negli undici anni vissuti all’Oratorio sono veramente tanti i ragazzi che ho conosciuto tra i banchi di scuola e nei laboratori del CFP; i ragazzi, i giovani e gli adulti che ho incontrato nello spazio libero e gratuito del cortile, nei cammini dei gruppi formativi, nel ministero pastorale, specie della confessione e dell’accompagnamento spirituale. I ricordi sono davvero innumerevoli, e si tratta sempre di volti, di persone che spesso a loro insaputa con la loro vita buona, con la loro testimonianza di fede, con la loro affezione concreta a don Bosco e all’Oratorio mi hanno fatto del bene, mi hanno arricchito e accompagnato nei primi passi del mio ministero. Credo sia questo il bene che passa e che lascia il segno, un po’, in tutti quanti!
Sono arrivato a San Donà inesperto e piuttosto timoroso perché nella mia vita, da allievo prima e da giovane salesiano successivamente, ero sempre stato legato all’ambiente della scuola. Da poco più di un mese, poi, ero stato ordinato sacerdote e sentivo tanta responsabilità di fronte ad un dono così nuovo e grande. La cosa straordinaria, è che arrivando all’Oratorio, sin da subito mi sono sentito voluto bene e non per miei meriti ma semplicemente perché ero salesiano, perché ero un figlio di don Bosco. E allora il cuore si riempie di gratitudine non solo per il bene che l’Oratorio ha seminato nella storia di San Donà, ma per tutti coloro che hanno reso tale l’Oratorio; per i tanti confratelli salesiani coadiutori e sacerdoti che con il loro sacrificio, entusiasmo e amore al Signore, a don Bosco e ai ragazzi sono stati protagonisti di questa storia, per i tanti papà, mamme, giovani che non sono stati a guardare ma si sono lasciati educare e coinvolgere in questo sogno e oggi, come ieri, sono lì a renderlo possibile.
Il cortile del sabato pomeriggio o della PER sempre così affollato, la domenica mattina durante e dopo le messe, attorno alla giostra, al bar e in sala giochi che bello vedere ragazzi, giovani, papà e mamme con bimbi in carrozzina. Tanta vita e voglia di incontrarsi, in un clima tutto particolare. Tanta voglia di creare e far crescere e custodire un ambiente che aiuti a vivere bene e che sia una promessa ed una benedizione per le generazioni future.

Fate in modo che l’Oratorio continui ad essere così, punto di riferimento per la vita e per la crescita nella fede di chiunque vi passi.

 

E’ una promessa che ti facciamo volentieri! Grazie per questo piacevole tuffo nel passato recente ma per tanti versi così lontano. Grazie per la tua testimonianza umile e appassionata, per il tuo sorriso buono, caldo e amichevole che conserviamo intatto nei nostri cuori. 

Mandi, carissimo don Paolo!

 

Autore: Wally Perissinotto

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